T’ho vista
in mezzo a tanto
gli occhi dolci
e la voce ancora da bambina
fare a gara
con le tue amiche
a chi cresceva prima.
Gli esempi sbagliati.
I falsi miti.
T’ho guardato
mentre il mondo ci girava intorno
frastornato dal caos
incapace d’accorgersi di nulla
che non c’è tempo per vedere
e non c’è tempo per pensare.
Il fuori tempo
del tempo che non c’è.
T’ho vista impaziente
di farti del male
o di prenderti il dolore
del male già fatto
in quel momento esatto
in cui c’è stato un accenno
di battito di cuore.
La tua prima passione.
Qualcosa da ricordare.
T’ho ascoltato
ho lasciato che le parole
facessero il giro che devono fare
fuori e dentro
e si sono posate
nei punti precisi
tra ragione e sentimento.
Gli ostacoli superabili
di limiti accessibili.
Poi ho parlato.
Ho detto nulla
ed in quel nulla
c’ho messo tanto
come è solito mio
io che con le parole ci gioco
a modo mio
e forse hai capito
ciò che con gli anni ho capito io
che oltre ogni apparenza
c’è una tristezza
d’una sperata speranza
d’una vita vissuta
non solo per morire.
Gli anni distratti
dal peso del vivere.