Se anche gli uomini vedessero le ossa sparse nei campi
e,
fidandosi delle loro portanze, della loro struttura,
vi strutturassero addosso le idee, edificando il pensiero
ed armonizzando la spontaneità delle forme,
anch'essi sarebbero formiche laburiose
guidate dal giusto fare comune.
Immagino una comunità di formiche che, coscienti della loro fine,
forse a mezzo d'un piede, si muovono per le radure del loro spazio,
entrando ed uscendo dalle tane, lavorando senza lavorare
e guadagnando, loro stesse, l'esistenza della Regina,
ambasciatrice fra loro,
portatrice inconsapevole delle giuste indicazioni ed atteggiamenti.
E le formiche indaffarate nell'amarsi l'un l'altra
e non accorgendosi dell'ombra scura
e promettente
della Madre
quando passa loro accanto,
si garantiscono una lunga felicità.
Ecco in che senso ""vorrei essere una formica"".